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La disprassia verbale evolutiva (DVE) viene descritta come un disturbo motorio caratterizzato da una difficolta nella coordinazione dei movimenti articolatori necessari per produrre i suoni del linguaggio.
La DVE è caratterizzata dalla presenza di uno o più dei seguenti marcatori fondamentali del disturbo (ASHA,2007) :
- Segmentazione dei suoni delle parole (in aggiunta ad una difficolta nell’iniziare una frase, frequente auto-correzione)
- Disprosodia (ritmo, accento e intonazione delle parole risulta anomale)
- Inconsistenza articolatoria nella ripetizione di una parola o frase (il bambino pronuncia la parola “pesce” come “pete”, poi “pesse” e un’altra volta come “pefe”
Nel settore clinico, i bambini con DVE, oltre ad una difficoltà importante nella comunicazione, possono presentare altre difficoltà associate, come
- scarsa percezione dei suoni del parlato (inclusa la consapevolezza fonologica, indispensabile per imparare a leggere e a scrivere)(Lewis et al., 2014)
- disturbo dell’attenzione
- difficoltà nella motricità fine
- disregolazione del comportamento
- difficoltà socio-relazionali (E. G. Teverovsky et, al., 2009)
Bambini con DVE possono quindi presentare diversi problemi funzionali che vanno ad intaccare la qualità di vita e partecipazione nelle attività quotidiane e accademiche.
Principi terapeutici nella Disprassia Verbale Evolutiva
La DVE appare come un disturbo persistente dello sviluppo, e perciò richiede una terapia logopedica (Hall, Jordan & Robin, 1993; Jacks, Marquardt & Davis, 2006).
La DVE, essendo un disturbo che interessa il sistema motorio del linguaggio, richiede un approccio terapeutico diverso dal semplice disturbo fonologico. Diversi studi infatti, consigliano che il trattamento logopedico sia frequente (almeno 2 volte a settimana) e intensivo, con almeno 100 produzioni ogni seduta (Namasivayam, A.K, 2015; Denice Michelle Edeal, Christina Elke Gildersleeve-Neumann,2011) al fine di favorire una più veloce acquisizione delle parole target e conseguente generalizzazione in parole simili.
Bibliorafia
American Speech-Language-Hearing Association. (2007). Childhood apraxia of speech [Technical report]. Available from www.asha.org/policy
Denice Michelle Edeal, Christina Elke Gildersleeve-Neumann (2011) The importance of production frequency in therapy for Childhood Apraxia of Speech, American Journal Speech Pathology, DOI: 10.1044/1058-0360(2011/09-0005)
Lewis, B. A., Freebairn, L. A., Hansen, A., Taylor, H., Iyengar, S., & Shriberg, L. D. (2004). Family pedigrees of children with suspected childhood apraxia of speech. Journal of Communication Disorders, 37, 157–175. doi:10.1016/j.jcomdis.2003.08.003
Esther Glick Teverovsky, Julie Ogonowski Bickel & Heidi M. Feldman (2009) Functional characteristics of children diagnosed with Childhood Apraxia of Speech, Disability and Rehabilitation, 31:2, 94-102, DOI: 10.1080/09638280701795030
Namasivayam, A.K., Pukonen, M., Goshulak, D., Hard, J., Rudzicz, F., Rietveld, T., Maassen, B., Kroll, R. and van Lieshout, P. (2015), Treatment intensity and childhood apraxia of speech. INT J LANG COMMUN DISORD, 50: 529-546. https://doi.org/10.1111/1460-6984.12154
Hall, P. K., Jordan, L. S., & Robin, D. A. (1993). Developmental apraxia of speech: Theory and clinical practice. Austin, TX: Pro-Ed
Jacks, A., Marquardt, T. P., & Davis, B. L. (2006). Consonant and syllable structure patterns in childhood apraxia of speech: Developmental change in three children. Journal of Communication Disorders, 39, 424–441.