Quando rivolgersi al neuropsicomotricista?
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21 Maggio, 2020“Forza che oggi vai a giocare con la dottoressa Giulia!” […] “…da te viene volentieri perché lo fai giocare!” la terapia è un gioco se così la percepisce il bambino.
Ebbene sì, è tutto racchiuso qui: la terapia neuropsicomotoria si svolge prevalentemente attraverso il gioco. L’attività ludica non è il mezzo attraverso il quale il terapista cerca di ottenere qualcosa da parte del bambino, ma rappresenta il canale più motivante e più naturale che ha da offrirgli per stabilire una relazione serena con l’ambiente, con gli oggetti e con l’altro.
La motivazione come punto di partenza per la terapia attraverso il gioco
Prima di tutto ci si focalizza sulla scelta spontanea del bambino: la sua motivazione è la più potente arma che noi abbiamo a disposizione per rendere la riabilitazione vincente! È dalle sue scelte, dalle sue richieste e dai suoi interessi che si parte, insieme, verso la costruzione di un gioco. Sarà poi compito del terapista trasformare o ridefinire la cornice della attività ludica a seconda del bambino che si trova di fronte.
Pensiamo a un bambino a cui è stata fatta diagnosi di disturbo dello spettro autistico e immaginiamo che, a suo modo, ci abbia fatto capire che il suo interesse in quel momento sia attivato dalle bolle di sapone. Le bolle saranno allora la chiave del nostro successo ed ecco qui che i nostri obiettivi sull’imitazione, sull’alternanza dei turni, sul contatto di sguardo, sul sorriso sociale, sull’attenzione condivisa iniziano a prendere forma attraverso l’oggetto del gioco scelto dal bambino.
Il gioco come palestra per il corpo e per la mente
L’osservazione del gioco nel bambino rappresenta una delle situazioni privilegiate attraverso le quali poter analizzare lo sviluppo psicofisico infantile. Infatti, è una delle aree di principale interesse nella valutazione neuropsicomotoria che viene svolta per stabilire il piano di trattamento. Il gioco fa parte del repertorio del bambino già dalla primissima infanzia. Mentre mamma e papà guardano sorridenti il loro piccolo, la prima volta che batte un oggetto sul tavolo o la prima volta che si sorprende nel gioco del cucù, difficilmente realizzeranno che in quei momenti sta sviluppando abilità motorie e cognitive fondamentali per raggiungere le successive tappe di sviluppo.
Dai giochi di manipolazione dei primi mesi si giunge a quelli di movimento, passando per i giochi di finzione, i giochi simbolici e terminando con i giochi di regole e di squadra. Per giocare è necessario sviluppare abilità cognitive, linguistiche, prassiche, attentive, sociali e motorie. Proprio attraverso l’attività ludica il bambino le acquisisce e le consolida. Nnon a caso i giochi preferiti nei bambini con difficoltà di scrittura sono proprio i quelli di movimento, che gli permettono di allenarsi per raggiungere una giusta organizzazione dei segmenti corporei. La mancanza di tali abilità determina una situazione di “non gioco” o di gioco monotono e ripetitivo.
Il neuropsicomotricista come mediatore nell’attività ludica
Ci sono dei casi in cui per cause genetiche, disabilità intellettiva, disturbo dello spettro autistico, disturbi emotivi o per malformazione neuromuscolari, il repertorio ludico del bambino si presenterà come povero e rigido. Sarà compito del neuropsicomotricista guidare il bambino a sviluppare prima di tutto il piacere del gioco. Tramite la terapia e successivamente tutte quelle abilità adattive senza le quali sarebbe difficile raggiungere qualsiasi altro tipo di obiettivo.
Attraverso il gioco il bambino metterà in atto una nuova idea di sé. Sarà libero dai giudizi negativi e dall’ansia della performance; esprimerà desideri, conflitti e paure in chiave simbolica e riuscirà, accompagnato dal suo terapista, ad utilizzare gli strumenti ludici a sua disposizione nella maniera più funzionale possibile. Solo da qui si potrà poi ripartire insieme verso nuovi traguardi e obiettivi.
“Giocare è una cosa seria, anzi tremendamente seria.”